Il belcanto non consiste solo di coloratura spinta, di trilli, volate e picchiettati condotti con adamantina precisione, di suprema agilità. La ricchezza dell’espressione negli “affetti” deve passare anche per la linea di canto apparentemente più spoglia, per la qualità del colore, per l’efficacia dell’emissione, per il controllo, per l’ampiezza della gamma dinamica da esaltare nella cosiddetta “messa di voce”. Di tutto questo, Magdalena Kožená, ha una consapevolezza diremmo culturale prima ancora che musicale. La sua partecipazione alla “atmosfera morale” in cui la musica scioglie le passioni (così l’avrebbe definita un secolo più tardi Gioachino Rossini) è integrale e coinvolgente, senza che ci sia bisogno della scena per esplicitarla, senza che la tessitura possa essere un reale impedimento. La sua è di mezzosoprano piuttosto chiaro e incline a svettare, ma nella serata ha affrontato con naturalezza anche brani per contralto (le due Arie dal Rinaldo). Il canto di questa interprete è contraddistinto da una seducente eleganza, che trova sempre il filo rosso dell’invenzione del compositore, sia sul piano del virtuosismo più esteriore (impeccabile l’agilità) sia su quello della commozione più interiorizzata. L’effetto, se così si può dire, è sempre affascinante proprio perché intimamente, sapientemente musicale. E dunque, universale.
Teatro Olimpico al gran completo, grandi applausi e bis nel nome di Vivaldi.
Cesare Galla, cronista di musica